COVID-NOTIZIE E NUOVI STATI D’ANSIA

La fobia della social-esclusione.

Molto spesso in questo periodo di difficoltà e di isolamento legato alla situazione COVID i social-media rimangono la nostra unica ‘finestra sul mondo’ che percepiamo come possibilità di connessione con gli altri e di ‘uscita’ dalla nostra quotidianità più socialmente ristretta.

L’esplosione dei social media ha permesso in generale alle persone di essere sempre connesse tra loro. Questo fenomeno decisamente positivo sotto molti aspetti ha tuttavia causato la maturazione di nuove forme di fobie.

Le fobie sono considerate disturbi legati all’ansia in riferimento ad oggetti o situazioni specifiche. La presenza di una fobia è caratterizzata dall’attivazione dei livelli di ansia che generano paura immotivata e irrazionale ma presente e pervasiva nella nostra quotidianità.

MOMENTO STORICO E SITUAZIONE SOCIALE-EMOTIVA

Una di queste paure prende il nome di “Fear of Missing Out” (FoMO) significa “paura di essere tagliato fuori”: l’ansia generata dalla paura di essere ‘tagliati fuori’ da esperienze gratificanti che fanno altre persone o in generale da ciò che succede nel mondo e dal continuo desiderio di essere sempre connessi con l’esterno, paragonandolo a ciò che possiamo o non possiamo fare noi. Questo fenomeno tende ad acutizzarsi in un periodo proprio come quello che stiamo vivendo, portandoci a controllare compulsivamente un’eventuale nuova notifica o un aggiornamento sui social network o sui giornali.

Accedendo a questi tramite dispositivi mobili, come gli smartphone, si ha la possibilità di restare sempre connessi con gli altri e partecipare alle loro vite. Ciò è reso possibile dal fatto che l’offerta dei social network su cui poter condividere momenti della propria vita privata è sempre più ampia, rendendo quindi abituale l’essere sempre connessi, informati.

La preoccupazione compulsiva principale pare riguardare la perdita di un’opportunità di interazione sociale. Soprattutto adesso, una situazione nella quale la socialità e le opportunità ed occasioni di socializzazione sono decisamente ridotte al minimo.

La paura che le altre persone possano fare esperienze gratificanti, che possano essere più agevolate di noi, più informate, quando non si è presenti o direttamente coinvolti, porta ad emozioni di esclusione sociale e di timore di ‘non-essere-al-passo’ con gli altri o con quello che succede.

Per una persona insicura, insoddisfatta e con bassi livelli di autostima, vedere un “post” con tante persone, soprattutto coetanei che si divertono, persone che paiono ‘stare bene’ nonostante il periodo nel quale invece magari ci si sente tristi/oppressi/in difficoltà, potrebbe diventare qualcosa di inaccettabile, provocare risentimento verso se stessi o gli altri, insoddisfazione, agitazione e senso di incapacità.

In questo momento storico la FoMOsi può manifestare come risposta alla situazione che viviamo: abbiamo difficoltà a vedere i nostri cari, frequentare i nostri amici ecc..quindi ci tuffiamo a capofitto nelle notizie giornaliere per riuscire a capire quando e come si apriranno nuovi spiragli, per tornare come prima, per poter ri-socializzare..eppure, questa continua ricerca rischia di esasperare quella parte di noi che, quando potrà magari rincontrare i propri amici o familiari o tornare a ‘fare le cose di prima’, vorrà godersi ancora di più le occasioni, con una maggiore paura di essere nuovamente tagliato fuori da una ricaduta in una condizione di lock-down.

Pur non essendo una patologia riconosciuta a livello clinico, la sua presenza può infatti peggiorare una pregressa condizione di aspetti ansiosi/depressivi.

Il primo a studiare tale fenomeno è stato Andrew Przybylski, ricercatore della Oxford University che, insieme al suo team, mise in luce diversi fattori basilari della FOMO, come: la presenza di ansia ed irrequietezza in assenza del controllo (delle notifiche o notizie in questo caso); la maggiore diffusione della problematica tra i giovani, in particolare tra i maschi; la maggiore frequenza nelle persone con scarse capacità attentive; lo sviluppo della problematica tra coloro che utilizzano i social network nel contesto scolastico; la possibile comorbiditàcon un basso livello di autostima.

COSA POSSIAMO FARE?

Possiamo chiederci: quanto questi sentimenti fanno maggiormente parte di noi, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria? Quanto, il continuo e costante ‘bombardamento’ di notizie monotematiche legate al COVID inonda le nostre vite quotidianamente? Lasciandoci la spiacevole sensazione di non essere mai abbastanza informati, mai abbastanza ‘pronti’ a fronteggiare l’emergenza, con nessuna possibilità di controllo sulla situazione e sulla gestione delle nostre vite. Siamo, così, spinti da una costante ansia (attivazione psico-corporea in uno stato emotivo di paura) ad andare a leggere, informarci, aggiornarci, ricercare notizie – relative al tema COVID o relative a ‘cosa fanno gli altri in questo momento?’ – sui social e sul web per poter provare almeno temporaneamente a ‘lenire’ il nostro senso di insicurezza e di mancanza di controllo su una situazione che ci circonda.

Teniamo presente che il desiderio di avere relazioni interpersonali è innato, e per soddisfarlo le persone cercano di appartenere a gruppi sociali. Al giorno d’oggi i gruppi sociali esistono sia dal punto di vista fisico che virtuale, e le persone hanno accesso ai gruppi sia online che offline ed i gruppi virtuali sono altrettanto reali ed importanti quanto i gruppi fisici. Non riuscire a connettersi con questi gruppi tramite i social può causare l’impressione di sentirsi tagliati fuori dalla vita reale.

L’attenzione va spostata quindi dentro di noi: se ci accorgiamo che cresce il senso di esclusione sociale, di ansia e di continua ricerca di contatti e di aggiornamenti con gli altri e con il mondo, assieme al timore di essere esclusi; se magarinon riusciamo più a gestire le nostre attività ed il quantitativo di tempo che passiamo online, fino quasi ad abbandonare le personali attività quotidiane, poniamo un attenzione maggiore e nel caso rivolgiamoci ad un professionista, che ci supporti ed aiuti a gestire questa complessa situazione.

Questo processo infatti potrebbe rischiare di trasformarsi in un vero e proprio meccanismo di dipendenza, completamente analogo ad un disturbo di dipendenza da sostanze.

In conclusione, risulta molto importante imparare ad intervenire sulla prevenzione di queste nuove forme di ansia cercando di osservare se si sta utilizzando lo smartphone in maniera adattiva e funzionale oppure se questo sta condizionando la nostra quotidianità (proviamo a pensare a quante volte al giorno effettuiamo lo ‘scrolling’ delle pagine di Google o dei social? A quanti telegiornali assistiamo? etc..)

Proviamo magari a selezionare in maniera più precisa i momenti della giornata nei quali dedicarsi alla ricerca o ascolto di notizie / visualizzazione di foto / partecipazione a dibattiti e discussioni online / osservare ciò che fanno gli altri.